I CAN’T SEE YOUR FACE IN MY MIND, NEL ’66 CAMBIA IL MODO DI FARE CONCERTI



Nella musica inglese ed americana, dopo la metà degli anni ’60, si afferma sempre più il formato dell’LP rispetto a quello del singolo 45 giri. Musicisti e gruppi iniziano a pensare alla loro musica come a qualcosa da curare nei dettagli e da sviluppare con le sperimentazioni rese possibili in studio di registrazione da nuove tecnologie.


Vengono così creati album che lasciano sbalorditi per le evoluzioni sonore compiute in pochi anni. Essi risultano però molto più difficoltosi da riprodurre dal vivo.


I concerti di molti gruppi iniziano ad escludere i brani più sperimentali o psichedelici, nei quali effetti o distorsioni particolari non possono essere adeguatamente suonati sul palco. In questo contesto, i Beatles prendono una decisione estrema: interrompono le proprie esibizioni dal vivo nell’agosto del 1966, poco dopo la pubblicazione di “Revolver”, un disco tanto meraviglioso quanto impossibile da riproporre live.


A partire da questo contesto musicale, vediamo come l’album di esordio dei Doors (“The Doors”, gennaio ’67) ricalcasse gli arrangiamenti e le modalità esecutive tipiche dei concerti della band. Non a caso molte tracce di questo album saranno quelle che più spesso compariranno nei loro show, fino alla fine della carriera concertistica nel dicembre 1970.


Al contrario, il secondo LP (“Strange Days”, settembre ’67) segue il trend generale precedentemente descritto, integrando pienamente gli elementi tipici della psichedelia e introducendo un ampio numero di strumenti ed effetti. Il lungo lavoro svolto in studio di registrazione su suoni e distorsioni ne fa derivare una musica che è in parte irrealizzabile di fronte al pubblico.


L’esempio principale che prendiamo in considerazione per descrivere questa caratteristica di alcune canzoni presenti in “Strange Days” è “I Can’t See Your Face In My Mind”.


L’unica registrazione disponibile sembra essere quella del 7 marzo 1967 a San Francisco nel famoso locale chiamato “The Matrix”. Qui “I Can’t See Your Face In My Mind” viene resa in maniera più veloce e latineggiante rispetto al disco. Vengono inoltre sostituiti gli elementi sonori più complessi ed elaborati con una struttura semplificata e più lineare oltre che più rapida nel ritmo.


Questa occasione di sentire il brano dal vivo anticipa la sua pubblicazione in “Strange Days” di sei mesi, quindi addirittura prima delle session di registrazione dell’LP. Ciò denota come il processo creativo dei Doors si sia sviluppato in maniera notevole durante la primavera-estate ‘67, vale a dire nel corso delle registrazioni dello stesso “Strange Days”.


La versione originale del brano comprende percussioni esotiche, una tastiera sperimentale per il’67 e uno strumento il cui suono compare mandato al contrario. L’arrangiamento soffuso, dall’aria misteriosa e malinconica completa il quadro di una canzone che conseguentemente sarà interpretata dalla band solamente poche volte in concerto.


La traccia della quale abbiamo brevemente parlato attraversa quindi la trasformazione che ha come punto di arrivo la versione del disco. Un percorso che vede la psichedelia e la cura dei dettagli strumentali come fattori determinanti nel plasmare una musica eterea e dai toni sperimentali.


Il rovescio della medaglia sarà rappresentato dalla precoce eliminazione di “I Can’t See Your Face In My Mind” dal repertorio dei concerti, lasciandone comunque un segno indelebile su vinile in tutta la sua creativa aura di fascino misterioso.


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