“HORSE LATITUDES”: GLI ANIMALI NEL ROCK DEL 1967
All’interno di “Strange Days”, il secondo album dei Doors (settembre 1967), la traccia numero 5, “Horse Latitudes”, mette al centro del suo testo un animale. Infatti, un cavallo è il protagonista del drammatico poema che Jim Morrison recita con disperata solennità su di un sottofondo composto da suoni disgregati e inquietanti. Questa è una parte dell’album estremamente innovativa nonché inedita nella forma e nel contenuto per la scena musicale dell’epoca. Ciò è ancora più sorprendente se consideriamo che si tratta di una poesia posta all’interno di un disco Rock, una pratica questa del tutto sconosciuta in quel momento storico.
Il cavallo è qui utilizzato dal cantante dei Doors per simboleggiare il concetto di bellezza inserito nel contesto umano, il quale ne causa la distruzione e la scomparsa. La figura dell’animale svolge dunque un ruolo cruciale in questa composizione: il tramite tra il significato profondo del testo poetico e l’ascoltatore.
“Horse Latitudes”, sebbene unica per modalità espressiva, non è il solo esempio che nel panorama musicale del 1967 ci mette di fronte alla presenza di animali nelle parole di stupende canzoni. A questo proposito porteremo due dimostrazioni nelle quali le caratteristiche di alcuni animali sono state di ispirazione per grandi artisti attivi nel corso di questo meraviglioso anno.
Il primo pezzo è “Lucifer Sam”, scritto da Syd Barret e registrato dai Pink Floyd nella primavera ’67. Esso sarà pubblicato poco dopo nell’LP dell’agosto 1967 della band inglese (“The Piper At The Gates Of Dawn”). Questo Pop-Rock psichedelico ricco di inventiva parla di un misterioso gatto, il quale sembra possedere capacità soprannaturali non specificate, che allarmano però la voce narrante. Le parole del ritornello riassumono bene il senso del brano: “Quel gatto ha qualcosa che non riesco a spiegare”.
Dal punto di vista sonoro la canzone scorre disinvolta sull’incalzante riff di chitarra dai colori scuri, evocatori di un mistero conosciuto solamente dal gatto stesso. “Lucifer Sam” è inoltre sospinta con ritmo deciso dalla batteria e dall’audace linea di basso ideata da Roger Waters.
Il secondo esempio è datato 24 novembre 1967, giorno in cui esce sul mercato anglosassone il singolo dei Beatles, non contenuto in nessun album della band, composto da “Hello Goodbye” (lato A) e “I Am The Walrus” (lato B). Quest’ultima, il cui titolo in italiano significa “Sono Il Tricheco”, era stata scritta e registrata grazie al fulgido genio di John Lennon un paio di mesi prima, nel settembre ‘67.
Impossibile dare, in poche e sintetiche parole, un’idea precisa di questo capolavoro assoluto della musica moderna. Citiamo solamente il sognante intermezzo che a metà del brano apre uno scorcio magico sulla creatività portata ai suoi massimi livelli (ascolto dal min. 2.00 al min. 2.24).
Nel testo di “I Am The Walrus” il musicista dà spazio al suo senso critico e ironico attraverso parole che sono volutamente prive di un significato coerente. In quel periodo, infatti, egli desiderava non farsi ingabbiare dalle interpretazioni date dai critici rispetto a tutto ciò che scrivevano i Beatles. A partire da questo obiettivo, nelle strofe si susseguono immagini surreali fino a giungere al ritornello dove un enigmatico tricheco viene improvvisamente evocato al di fuori del contesto precedente.
In questo modo l’animale è elevato ad emblema dell’irrazionalità che libera l’artista dalle catene degli schemi conformisti e dalla necessità di assegnare a tutto ciò che viene scritto e suonato un senso compiuto. Il tricheco è quindi scelto da Lennon allo scopo di sottolineare la sua voglia di evadere dalla realtà o di allargarne i confini per includere anche gli aspetti considerati assurdi dalla società.
Un cavallo, un gatto e un tricheco: animali e metafore che hanno consentito a grandi artisti come Jim Morrison, Syd Barret e John Lennon di esprimere nel 1967 il proprio sentire e le proprie emozioni. Esse sono ancora vivide e sfolgoranti a più di cinquantacinque anni di distanza.
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