“UNHAPPY GIRL” E ALTRE GIOVANI DONNE NEL POP-ROCK DEL 1967

 

Negli Stati Uniti e nell’Inghilterra degli anni ’60 del ‘900 l’immagine della donna si stava trasformando velocemente. Soprattutto le ragazze delle nuove generazioni stavano iniziando a distaccarsi dai valori e dallo stile di vita che caratterizzava la società conservatrice anglosassone.


Questi cambiamenti portarono a conflitti familiari, nonché alla consapevolezza che i tempi stavano per aprire nuove prospettive sociali e culturali.


Sulla scena musicale, Jim Morrison coglie questo momento di passaggio in uno dei testi poetici che scrive per il secondo LP dei Doors: “Strange Days”, pubblicato il 25 settembre 1967. Al suo interno la traccia numero 4 è infatti Unhappy Girl, la quale descrive la vita infelice di una ragazza intrappolata nella routine impostale dal suo ruolo sociale.


Non viene specificato quale sia il contesto che la imprigiona, ma è chiaro come essa non sia in grado di sottrarvisi. Nello stesso tempo, questa situazione abbatte la sua vitalità e vanifica le sue aspirazioni. Si tratta di un testo che induce profonde riflessioni sul ruolo delle giovani donne e su come ognuno di noi sia, forse inconsapevolmente, il più zelante carceriere dei propri desideri.


Il quadro sonoro dipinto dai Doors con questo brano non è comunque il solo ad abbellire la strabiliante galleria musicale della seconda metà degli anni ‘60. Lungo questo ammaliante percorso troviamo altri due dipinti in musica che ritraggono giovani ragazze alle prese con la rigida società plasmata dalle generazioni precedenti.


La prima di queste ragazze è quella la cui storia è cantata da Ray Davis e dai Kinks in Big Black Smoke, lato B del singolo del novembre 1966 “Dead End Street” (non compreso in nessun album della band inglese).


Una canzone che fa del Pop-Rock un’arte raffinata, ricamando le piacevolissime melodie di strofa, ritornello e middle eight, con un arrangiamento prevalentemente acustico. Una ragazza di campagna, insoddisfatta dai ristretti orizzonti offerti dal paesino nel quale abita, parte per Londra.


Qui vive la sua liberazione dai pesanti vincoli familiari e sociali gettandosi nei vizi e nel divertimento, tra droghe da strada e sperpero di tutti i suoi soldi con un uomo poco raccomandabile. La triste storia che porta la ragazza alla rovina è sia un monito che una descrizione del fenomeno che in quegli anni stava accadendo nelle famiglie inglesi: le giovani volevano scoprire cosa c’era oltre alla sorte che i genitori avevano preparato per loro.


Una via di mezzo tra questi due casi estremi, rimanere imprigionati o la dissoluzione totale, è costituita da una bellissima composizione che John Lennon e Paul McCartney scrivono per lo storico LP del 1967 dei Beatles “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”. She’s Leaving Home è un brano che dà forma ad una musica eterea con una originalità sconosciuta agli altri gruppi musicali. Continuando sulla strada già segnata da capolavori assoluti come “Eleanor Rigby” e “For No One”, questo pezzo è sostenuto da una piccola orchestra da camera e dal suono impalpabile di un’arpa.


Le parti vocali di McCartney e Lennon, entrambe considerabili come voci soliste, narrano la toccante storia di una ragazza che scappa di casa lasciando i genitori nella disperazione e nel rimorso. Essi si chiedono cosa abbiano sbagliato, nonostante i pesanti sacrifici fatti per darle tutto ciò che i soldi possono comprare.


I versi del ritornello finale chiariscono la storia: la giovane cercava la felicità, la quale non poteva essere data dalla vita conformista e prevedibilmente sicura che i suoi genitori avevano costruito intorno a lei.


Tre storie di ragazze degli anni ’60, le quali si confrontano con un nuovo ruolo ora finalmente possibile da raggiungere, sebbene attraverso difficoltà e cadute. Il più complesso ed affascinante dei tre quadri che abbiamo osservato rimane comunque quello tratteggiato da Morrison in “Unhappy Girl”. Esso ha la capacità di mettere in luce i particolari meno facili da affrontare nel processo di liberazione della donna, vale a dire il suo momentaneo fallimento.


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