“STRANGE DAYS” DEI DOORS E I MUTAMENTI SOCIALI NEGLI ANNI ‘60
Il brano “Strange Days” dei Doors è la traccia che dà il titolo al secondo album della band,
uscito nel settembre 1967.
Esso costituisce
anche l’apertura di questo bellissimo LP, il quale segna l’entrata del gruppo nella
psichedelia mantenendo contemporaneamente viva la matrice rock espressa dal
disco d’esordio (“The Doors”, gennaio 1967).
Questa canzone,
dal testo poetico e criptico, parla dei mutamenti culturali che si stavano
delineando proprio in quegli anni negli Stati Uniti.
Il suo tema centrale
è l’affermazione della contro-cultura negli USA; vale a dire il tentativo di
liberare i costumi sociali e le persone stesse dai rigidi paradigmi valoriali conservatori.
All’interno dell’elaborato
arrangiamento di questo pezzo riconosciamo la trasgressione alle regole e il
desiderio di aprire spazi inesplorati, nel bene e nel male, dalle nuove
generazioni.
Jim Morrison, con
un linguaggio inquietante e metaforico, tratteggia queste spinte culturali dal
punto di vista della gioventù americana della quale faceva parte. Infatti,
quando compone questo pezzo egli aveva 22 anni e ne avrà 23 nel momento in cui
viene pubblicato su vinile.
Ancora prima del
cantante e poeta dei Doors, altre canzoni avevano raccontato vividamente alcuni
passaggi cruciali dell’evoluzione vissuta dalla società statunitense ed inglese
nel corso degli anni ‘60.
Ne citiamo due in
particolare.
La prima di esse
è “The Times They Are A-Changing”, incisa da Bob Dylan nell’autunno del
1963 e pubblicata nell’album dallo stesso titolo uscito nel febbraio 1964.
In questa emozionante
traccia, chitarra acustica, armonica e voce sono i mezzi attraverso i quali Dylan
invita senza troppi complimenti la generazione precedente alla sua (all’epoca
aveva 22 anni) a farsi da parte.
I volitivi ed
appassionanti versi del testo si combinano in una melodia asciutta quanto avvincente,
chiedendo risolutamente di lasciare libera la strada per la costruzione di una
società più giusta, solidale e tollerante.
L’altro esempio
che vogliamo proporre è “My Generation” degli Who, uscita come singolo
nell’ottobre 1965 e poi nel primo disco del gruppo inglese circa un mese dopo.
Anche in questo
caso il contesto sociale e culturale che viene attaccato è quello della
generazione dei genitori, dei suoi usi e costumi e della suoi obiettivi di vita,
qui descritti come “Terribilmente freddi”.
Gli Who lo fanno
attraverso un testo molto controverso e duro per la metà degli anni ’60, il
quale arriva a dichiarare addirittura: “Spero di morire prima di diventare
vecchio”.
Il pezzo, fin dal
titolo, si mette alla testa dello scontro generazionale al quale abbiamo
accennato all’inizio, incendiandolo con i suoni ruvidi del Rock che stava
emergendo come genere ben definito proprio in quei mesi.
Essa è un ardito atto
di sfida giovanile, sospinto dagli accordi percussivi della chitarra elettrica
di Townshend e rivolto senza mezzi termini alla repressiva società dei primi
anni ’60.
Con le parole di “Strange
Days” Jim Morrison aggiunge al tema trattato da questi brani una ulteriore dimensione.
I Doors propongono così la propria fascinosa e poetica interpretazione dei sommovimenti collettivi giovanili che agitavano il tessuto sociale statunitense durante la seconda metà degli anni ’60.
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