IL VOLTO COME METAFORA: “I CAN’T SEE YOUR FACE IN MY MIND” DEI DOORS E ALTRI BRANI
Jim Morrison era un poeta ed un musicista capace di esprimersi in entrambi i campi con grande calore e suscitando forti emozioni.
Questa sua
caratteristica si riflette nei testi che scriveva per i Doors così come la luce
di una stella brilla negli occhi di un pescatore solitario su un lago di notte.
Nel secondo LP
della band, “Strange Days” (settembre 1967), troviamo numerosi esempi di questa
sua qualità espressiva.
Prendiamo ad
esempio “I Can’t See Your Face In My Mind”, la traccia numero nove di
questo meraviglioso disco. In essa, il cantante compone attraverso parole
intrise di tristezza un monologo verso la ragazza che sta abbandonando.
Per evidenziare
in maniera indiretta i suoi sentimenti, egli utilizza l’immagine del volto
della ragazza stessa che non riesce a visualizzare nella propria mente.
In questo modo, Morrison
riassume lo svanire dei suoi sentimenti verso di lei: il viso rappresenta sia la
fanciulla che l’amore un tempo tra essi condiviso.
Morrison non era
l’unico a servirsi di questa tecnica poetico-narrativa in quel periodo d’oro
per la musica moderna. Sebbene ottenendo un impatto minore verso
l’immaginazione dell’ascoltatore, anche altri musicisti utilizzavano il volto
della ragazza amata per abbellire i propri testi.
Prendiamo ad
esempio “Have You Seen Her Face” dei Byrds dove viene inserita la
stessa metafora, volgendola però questa volta in senso positivo.
Questa canzone,
scritta dal bassista Chris Hillman, viene pubblicata all’inizio del 1967 sul
disco “Younger Than Yesterday”, ultimo album del gruppo americano con la
formazione originale al completo.
Qui la faccia
della ragazza protagonista è una finestra sui sentimenti d’attrazione provati
dalla voce narrante. Il testo mantiene comunque un rilevante punto di contatto
con quello di “I Can’t See Your Face In My Mind”: l’uso della parola “Viso”
come espediente verbale per indicare l’amata.
Dal punto di
vista musicale, “Have You Seen Her Face” è un Pop-Rock ritmato, il quale sposa
le sue pregevoli melodie con il sottofondo di chitarre lievemente distorte
caratteristico della band americana.
Un paio di brevi
e vivaci assoli di chitarra elettrica completano una ottima performance di
gruppo.
Un ulteriore
esempio è quello dato da “I’ve Just Seen A Face” dei Beatles,
dove, come accade precedentemente, il viso del titolo è un simulacro della
persona della quale il protagonista si è innamorato e che non riesce a
dimenticare.
La canzone è
stata scritta da Paul McCartney ed è uscita su “Help”, l’LP dei Beatles dell’agosto
1965.
Qui il bassista,
con la sua ben nota versatilità, si sposta alla chitarra acustica per scrivere
un brano intenso, il quale, rapido e poetico nello stesso tempo, risulta nel
complesso di grande qualità.
Esso si colloca
nell’ambito del Folk-Rock: un genere in quel momento al massimo della propria popolarità
sulle due sponde dell’Atlantico.
In particolare, è
la strofa a stupire per bellezza e scorrevolezza, tanto più che viene anche
ribadita dall’assolo, anch’esso eseguito alla chitarra acustica.
Come abbiamo
visto, Morrison ed altri famosi artisti di quel periodo erano inclini a vedere
il volto delle ragazze come un mezzo per esprimere i propri sentimenti.
Talvolta questi
ultimi erano tristi, a conclusione di un amore (è il caso di “I Can’t See Your
Face In My Mind”), altre volte, invece, erano celebrativi di un sentimento
fortemente desiderato.
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