THE DOORS’ “I LOOKED AT YOU”: UN ROCK VORTICOSO E SOTTOVALUTATO
Contenuta nel
lato B del primo LP dei Doors, “I Looked At You” è certamente tra le
canzoni meno note del gruppo californiano.
Proviamo ad
andare sotto la superficie per mettere in luce la bellezza di questo pezzo rock,
il quale merita non solo attenzione ai particolari, ma una rivalutazione
complessiva delle sue caratteristiche musicali.
A partire da
parole scritte in forma poetica dal cantante Jim Morrison, il brano prende
forma con il diretto e immediato arrangiamento costruito da batteria (Densmore),
chitarra elettrica (Robby Krieger), organo elettrico (Ray Manzarek), Fender
rhodes piano bass (Manzarek) e basso elettrico (Larry Knechtel).
La struttura
della canzone è abbastanza regolare, sviluppandosi attraverso la ripetizione,
senza assoli strumentali, di strofa, ritornello e aggiunta al ritornello.
Quest’ultima sezione,
detta “Post chorus” in inglese, è rintracciabile nelle parole “’Cause it’s
too late, too late, too late” poste, appunto, di seguito ad ognuno dei
ritornelli.
L’avvicendarsi di
queste tre parti (strofa-ritornello-post chorus) è parzialmente interrotto da
una breve transizione strumentale guidata dall’organo elettrico (dal min. 1.01
al min. 1.12), la quale però non modifica la sostanziale linearità della
composizione.
All’interno
dell’album, “I Looked At You” svolge il ruolo di evidenziare la voce di Morrison,
elemento che emerge conseguentemente come centrale nel contesto musicale della
canzone.
Sono due le linee
vocali presenti lungo il brano, registrate separatamente (in diversi tentativi) e volutamente abbinate
senza che tra loro sia ottenuta una costante sincronizzazione.
In questo modo le
grida e le esplosioni vocali che il cantante inserisce in ciascuna delle due
parti da lui cantate si intersecano reciprocamente, trasmettendo emozioni
impossibili da riprodurre con una sola voce registrata.
E' importante rimarcare
l’espressività ad un tempo rabbiosa e decadente, la forza d’urto sonora e il
seducente carisma che Morrison esprime con la sua voce unica e perfetta per il
genere rock qui interpretato.
Le parole della
canzone (di Morrison) sono ambivalenti e lasciano pensare a due diverse
interpretazioni.
Nella
interpretazione più diffusa il testo racconterebbe il rimpianto per una storia
d’amore iniziata sotto i migliori auspici, ma poi terminata. La separazione tra
i due è ormai irrimediabile ed è troppo tardi per un riavvicinamento.
In tal caso il testo non sarebbe certo
innovativo, essendo stato questo tema trattato in numerose composizioni di
svariati generi (come, ad esempio, nel famoso pop-rock di "Yesterday" dei Beatles, scritta da Paul McCartney e inserita nell'LP "Help!" dell'agosto 1965).
Tuttavia, nel
caso di “I Looked At You” questo sentimento, solitamente triste e amaro, è
ritratto in maniera più energica e veemente, come a rappresentare
l’inafferrabile scorrere del tempo che travolge indifferente gli eventi
dolorosi della vita.
La seconda
interpretazione è invece meno considerata, ma i termini del testo la
giustificano pienamente. Essa riguarda la strada senza ritorno imboccata da due
amanti, i quali sono vincolati l’uno all’altra dal loro stesso irresistibile sentimento
e, a dispetto di qualsiasi ostacolo, continueranno sulla via intrapresa
assieme.
Tre ulteriori
caratteristiche sonore contraddistinguono questa composizione.
La prima è la
doppia linea di basso, formata dalle stesse note suonate dal basso elettrico
del sessionman Lerry Knechtel e dalla piccola tastiera suonata con la mano
sinistra da Manzarek (Fender Rhodes piano bass).
La seconda
caratteristica è invece la sensazione vorticosa che trasporta l’ascoltatore
lungo il pezzo, come una rapida corrente formata dall’andamento trascinante
della chitarra elettrica e dall’organo elettrico.
Al min. 1.50, in fine,
i Doors inseriscono un falso finale, creato appositamente per sorprendere il
pubblico: dopo due secondi di silenzio il brano riparte infatti con un ultimo
ritornello e post ritornello per poi terminare definitivamente.
Con “I Looked At
You” i Doors confezionano un rock travolgente e affascinante nella sua
immediatezza e semplicità, perfettamente inserito nel vibrante clima artistico-musicale della
tarda estate 1966 (il momento della sua registrazione).
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