DANBURY ’67, IL MIGLIOR CONCERTO DEI DOORS?

 

Il secondo album dei Doors, “Strange Days”, viene pubblicato il 25 settembre 1967. Dopo circa due settimane e diversi concerti, l’11 ottobre il gruppo si esibisce a Danbury (Connecticut).

Fortunatamente abbiamo a disposizione la registrazione completa del live: un bootleg di immenso valore artistico e storico della durata di circa un’ora.

Infatti, in assenza di registrazioni dal vivo ufficiali che documentino questa fase della carriera della band, il concerto del quale parleremo rappresenta la testimonianza sonora più compiuta del periodo immediatamente successivo all’uscita di “Strange Days”.

Per di più, esso è l’unico a catturare per intero uno show della band in questo magnifico periodo della sua storia.

Vediamo come si sviluppa musicalmente questo bellissimo bootleg, che io considero complessivamente uno dei migliori tra quelli dei Doors rimasti incisi per posteri.

“Moonlight Drive” apre lo show in una atmosfera rilassata e melodica, la quale include al suo interno la poesia “Horse Latitudes”. La chitarra elettrica suonata con la tecnica “slide” da R. Krieger è in primo piano mentre l’organo di Manzarek scandisce l’andamento della composizione con accordi secchi e ritmati. Entrambe le canzoni erano per altro appena state pubblicate su “Strange Days”.

A seguire i Doors attaccano “Money”, una cover del brano rhythm and blues di Barret Strong (1959), che era già stato reso famoso dai Beatles nel loro secondo disco del novembre 1963 (“With The Beatles”).

In questo pezzo spicca l’assolo del chitarrista Robby Krieger, il quale cita più volte una frase elettrica, tipica del grande bluesman Elmore James, usando ancora una volta la tecnica “slide”.

Morrison affronta il brano con coinvolgente aggressività, dominandone il ritmo e dettandone il feeling con la sua voce arroventata al fuoco dell’accompagnamento strumentale.

“Break On Through (To The Other Side)” ci porta al primo LP della band di Los Angeles (“The Doors”, gennaio 1967). Qui è il tastierista Ray Manzarek a rubare la scena con un assolo molto diverso da quello presente nella versione originale del brano, costruito variando con notevole creatività e gusto il tema principale di questo storico pezzo rock.

Dopo la tempesta elettrica di “Break On Through”, giungiamo a “Back Door Man” e a “People Are Strange”.

La prima è una performance potente e tagliente del blues di Howlin' Wolf del 1960, nella quale spicca l’inarrivabile carisma di Morrison nell’improvvisare alcuni versi e nel comunicare con il pubblico.

“People Are Strange”, contenuta nel disco “Strange Days”, è invece il momento più disteso dello show, ma probabilmente anche la migliore versione disponibile di questo pezzo dal vivo.

A chiudere questa prima metà del concerto è “The Crystal Ship”, anch’essa proveniente dall’esordio discografico dei Doors. Questa ottima performance si distingue soprattutto per l’esecuzione spontanea e appassionata di Morrison.

Tuttavia, è Manzarek a sorprendere durante il suo breve assolo. Le note dell’organo elettrico sono frammentate, disegnando una traiettoria estremamente originale per il linguaggio rock e che punta decisamente verso il jazz modale.

Questa prima parte del live a Danbury denota un grande valore artistico e basta a classificarlo come uno dei migliori concerti dei Doors, fatta purtroppo eccezione per la qualità audio non ottimale, ma comunque sufficiente per un bootleg.

La seconda parte del live, della durata di 30 minuti, è caratterizzata da due sole, intense canzoni: “Light My Fire” e “The End”.

Il primo dei due brani è introdotto da un poema che Morrison recita partendo dall’urlo “Wake up!” e proseguendo per circa due minuti verso dopo verso, con un’alternanza di sussurri inquietanti ed esplosioni di rabbia graffiante. Il sottofondo creato dal resto della band è molto innovativo e originale per il 1967, sia nella concezione che nell’esecuzione.

Successivamente, “Light My Fire”, il pezzo più famoso del quartetto, viene reso con dinamicità e creatività, dando vita ad una esibizione travolgente, nella quale immergersi senza riserve.

Il lungo assolo di Ray Manzarek all’organo elettrico è forse il momento più eccitante della canzone, spaziando tra note isolate e accordi.

Le singole note compongono una trama strettamente legata al jazz modale del John Coltrane dei primi anni ‘60 mentre gli accordi riempiono la sala di una marea elettrica che sale e si ritira velocemente, ondeggiando rapida sopra gli spettatori. È forse da individuare qui il momento migliore dell’intero concerto.

Da segnalare che tra l’assolo di Manzarek (organo elettrico) e quello di Krieger (chitarra elettrica), Morrison inserisce due brevi versi (“Persian Night … See The Light”) originariamente appartenenti alla sezione “religiosa” di “When The Music’s Over”.

“The End” chiude il concerto con una delle sue versioni più lunghe: circa 20 minuti, il doppio della durata originale. Si tratta di un viaggio onirico indimenticabile, che si snoda tra picchi di ruvide distorsioni sonore e urla selvagge. Ad essi si alternano plumbee discese nell’oblio di atmosfere misteriose e rarefatte.

Questa ultima canzone è prolungata da ripetute improvvisazioni che ne modificano sensibilmente il testo e alcuni passaggi musicali. Esse si stagliano sulla soglia del teatro d’avanguardia, possedendo il fascino magnetico che circonda solamente chi sta sperimentando con l’inedito.

Il ruolo da protagonista che assume Jim Morrison in “The End” non sovrasta gli altri membri della band, sebbene i suoi interventi improvvisati siano attesi con una attonita ed estasiata tensione dal pubblico e dall’ascoltatore.

Nel complesso, non si esagera nel dire che Danbury ’67 è uno dei migliori concerti che si possano ascoltare in assoluto. Non fatevi scoraggiare dall’audio di mediocre qualità, l’altissimo livello artistico-musicale qui contenuto vale abbondantemente la pena di affrontare qualche suono confuso o qualche calo di volume.

Il live a Danbury del ‘67 aggiunge molti elementi a quanto i Doors registravano su vinile, mettendone in luce la dimensione più avventurosa e imprevedibile di un gruppo di grandissimi musicisti rock.


P.S.: E' uscito il mio libro: The Doors Attraverso "Strange Days" - Il più completo viaggio mai fatto attraverso il secondo LP dei Doors.

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