I DOORS IN “HOOCHIE COOCHIE MAN”: LE SUE PECULIARITÀ MUSICALI
Pochi brani Blues
hanno raggiunto la fama di “I’m Your Hoochie Coochie Man”, emblema del Chicago
Blues nonché uno dei maggiori successi discografici di Muddy Waters (pubblicata
nel 1954).
I Doors la
interpretano nella primavera del 1966 al London Fog di Los Angeles. Non ancora
famoso, né mai entrato in studio di registrazione, il gruppo viene
fortunosamente catturato in questo piccolo locale nei mesi che precedono la realizzazione
del primo LP (“The Doors”).
La versione dei Doors dura quasi il doppio dell’originale,
modificandone alcuni aspetti rilevanti senza tuttavia deviare eccessivamente
dalla canzone di Muddy Waters (scritta per lui da Willie Dixon).
Alla voce (oltre
che all’organo elettrico) troviamo Ray Manzarek, il quale dal vivo sostituiva di
tanto in tanto Jim Morrison in questo ruolo.
La sua
performance è sufficientemente convincente, sebbene non esaltante, accompagnata
in alcune fasi da Morrison ai cori.
Quest’ultimo sorprende
l’ascoltatore con alcuni interventi all’armonica, i quali, stimolanti nella
loro semplicità, culminano in un breve assolo.
L’armonica di
Morrison, che verrà ben presto definitivamente abbandonata dal cantante, è in
questo caso capace di aggiungere una sfumatura pregevole alla canzone. Si
tratta forse della migliore testimonianza di come il cantante dei Doors sapesse
suonare questo strumento.
Va notato che
anche nella composizione originaria del ’54 è presente l’armonica; a suonarla è
il grande Little Walter, uno dei più grandi armonicisti della storia. Per
quanto riguarda la cover dei Doors, è l’organo elettrico di Manzarek a
rivestire il ruolo, essenzialmente ritmico, che l’armonica di Walter detiene nella
composizione originale.
Al London Fog
assistiamo ad una rivisitazione del pezzo di Muddy Waters che ne modifica la
caratteristica più famosa: la strofa interrotta ritmicamente da stop all’unisono
di tutti gli strumenti.
Questa modalità
compositiva risale agli albori del blues e del jazz (anni ’10 del ‘900), per
poi tramandarsi in modalità maggiormente elaborate lungo i decenni successivi.
“Hoochie Coochie
Man” di Muddy Waters è forse l’esempio più famoso di questa tecnica
compositiva, la quale influenzerà decine e decine di canzoni negli anni ad essa
successivi.
Questa costruzione
viene messa da parte dai Doors, in favore dell’accompagnamento ritmico costante
e senza interruzioni di John Densmore alla batteria e di Manzarek alla tastiera
chiamata Fender Rhodes Piano Bass (suonata con la mano sinistra mentre la
destra era sull’organo elettrico).
Come a volere
compensare questa omissione, il batterista inserisce un elemento percussivo non
presente nel pezzo di Muddy Waters. Densmore divide infatti in due il
ritornello attraverso una breve rullata che termina in un secco colpo, creando
così ulteriore pathos nel punto culminante del brano.
L’originale di “Hoochie
Coochie Man” del 1954, benché privo di assoli, costituisce un documento di
portata storica, nel quale confluiscono almeno due elementi degni di nota.
In primo è l’arrangiamento
aggressivo, ma ben suonato; nel quale interagiscono, in una avvincente
sintonia, strumenti acustici ed una chitarra elettrica lievemente distorta.
Il secondo elemento
è dato dalla voce di Muddy Waters, la quale è in grado di proiettare il blues
nel futuro con uno stile moderno, senza dimenticare però la matrice Country
Blues alla quale appartiene l’artista fin dai suoi primi anni di attività.
Consigliamo,
oltre all’ascolto del brano originale di Muddy Waters, anche la versione
che il bluesman suona al Newport Jazz Festival del 1960.
Questa storica
canzone rimane nascosta tra le pieghe della discografia dei Doors sottoforma di
cover.
Essa conserva comunque
un discreto fascino che merita di essere riscoperto, soprattutto per mettere in
luce la formazione musicale di un grande gruppo che di lì a pochi mesi
spiccherà il volo.
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