“RIDERS ON THE STORM” DEI DOORS: L'USO DELLA PIOGGIA

 


L’uso di effetti sonori in studio di registrazione per rendere più vivide le immagini evocate da una canzone rappresenta una tecnica frequentemente usata da molti gruppi degli anni ’60 e ’70 in Inghilterra e negli Stati Uniti.

Un esempio tra i tanti è dato dal bellissimo pop-rock di This Time Tomorrow” dei Kinks, pubblicata nel 1970 all’interno dell’album “Lola Versus Powerman and the Moneygoround, Part One”.

Qui, un aereo in partenza comunica all’ascoltatore ciò che poi viene sviluppato nel testo: un viaggio che non ha una destinazione conosciuta.

Questa pratica, piuttosto diffusa, viene applicata anche dai Doors in una delle ultime canzoni registrate nella loro carriera come formazione originale: “Riders On The Storm”, contenuta in “L.A. Woman”, l’ultimo LP della band con Jim Morrison pubblicato nell’aprile 1971.

In questo celebre pezzo il rumore scelto è quello della pioggia durante un temporale. Esso viene inserito fin dall’inizio del brano, per poi rimanere presente, come sottofondo, lungo lo svolgersi di tutta la composizione.

Questo suono è talvolta udibile chiaramente mentre in altri momenti viene sovrastato dagli strumenti, senza tuttavia mai scomparire del tutto.

Esso conferisce il carattere quasi cinematografico che questa canzone possiede, accostandone l’atmosfera sonora a quella di un film noir.

Nel finale, l’effetto di studio che stiamo descrivendo torna ad essere il solo elemento (dal min. 6.46 in poi), proprio come all’inizio del brano.

Il gruppo usa la pioggia e i tuoni in questa composizione con un preciso ruolo nel contesto della canzone: fare da commento sonoro e suggestivo accompagnamento alla storia che emerge dal tenebroso testo di Morrison.

Oltre ad essere legato direttamente al titolo del pezzo (nel vocabolo “Storm”), il temporale che possiamo sentire in “Riders On The Storm” ci permette di entrare con ancora maggiore intensità nella storia narrata dalla voce cupa e profonda del cantante.

Ben distante dall’essere una semplice trovata per incuriosire l’ascoltatore, questo effetto sonoro costituisce parte integrante della performance, ne suggerisce una precisa chiave di lettura e ne completa parole e strumentazione.

Questo ruolo fa sì che la pioggia e i tuoni siano innalzati sullo stesso piano degli altri elementi che danno vita all’arrangiamento, entrandone a fare parte integrante quasi quanto la batteria e il basso elettrico.

Viene evidenziato così un salto di qualità artistico che si rivela ambizioso e audace, ampliando e arricchendo la concezione musicale fino a quel momento espressa dai Doors.

Per comprendere meglio come il lavoro di studio operato dei Doors su “Riders On The Storm” sia innovativo (in questo caso con Bruce Botnik come ingegnere del suono e produttore), citiamo due esempi che vedono utilizzare la pioggia in canzoni dell’epoca.

Il primo esempio è “Flowers in The Rain” dei The Move, un pezzo pop-rock pubblicato nell’agosto 1967 e arrivato al secondo posto come singolo in Inghilterra.

Il rumore della pioggia è usato solo all’inizio, per poi scompare completamente, rimanendo una breve introduzione dallo scopo puramente illustrativo.

In questo caso il ruolo dell’effetto di studio è solamente quello di ricordare un’immagine contenuta nel testo, senza alcun legame con l’andamento, l’arrangiamento o la struttura della canzone.

Il secondo esempio è quello di “Black Sabbath”, brano di apertura dell’omonimo album di esordio dei Black Sabbath (pubblicato nel febbraio 1970).

Il rumore della pioggia e dei tuoni è anche qui impiegato come avvio della canzone, ma con una funzione ben determinata: creare l’atmosfera plumbea e tetra che caratterizza la composizione e renderla percettibile all’ascoltatore con maggiore forza evocativa.

La pioggia e i tuoni rivestono nel brano “Black Sabbath” un ruolo che possiamo quindi inquadrare come simbolico e che è significativamente più evoluto e complesso rispetto a quello ottenuto dai Move in “Flowers In The Rain”.

Riassumendo il ruolo di questo effetto di studio passa da meramente illustrativo (in “Flowers In The Rain”) a simbolico (in “Black Sabbath”), per giungere al ruolo complementare all’arrangiamento che possiamo definire narrativo (in “Riders On The Storm”).

Con il poetico suono del temporale che sentiamo in “Riders On The Storm”, i Doors si dimostrano, come già avevano fatto altre volte nel corso della loro carriera, musicisti innovatori e precursori.

Essi, con l’uso che fanno in studio di registrazione di questo particolare suono naturale, documentano vividamente una visione artistica ben più articolata della maggior parte dei gruppi e degli artisti a loro contemporanei e successivi.


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