“L’AMERICA” DEI DOORS: UN’EPOPEA AMERICANA IN MUSICA

 

La colonna sonora per un film innovativo, girato da un regista famoso e stimato, era ciò che ancora mancava ai Doors nel 1969.

Nell’autunno di quell’anno la band aveva iniziato a registrare il suo quinto LP: “Morrison Hotel”.

In quel momento Michelangelo Antonioni si presentò alla band per ascoltare un brano che avrebbe potuto fare parte delle musiche da utilizzare per la sua prossima creazione cinematografica.

Per “Zabriskie Point”, la pellicola di Antonioni che poi uscirà l’anno successivo, nel 1970, i Doors composero una canzone Rock dall’aspetto inusuale: “L’America”.

Il famoso regista rifiuterà l’idea dei Doors, rivolgendosi ai Pink Floyd e ad altri artisti. Conseguentemente, “L’America” rimase quindi inutilizzata per poi essere inserita, più di un anno dopo, nel sesto album dei Doors (“L.A. Woman” del 1971).

La struttura di questo pezzo è costruita attorno alla ripetizione del semplice e tenebroso riff principale, suonato dalla chitarra elettrica di Robby Krieger (con distorsione fuzz) e ripreso costantemente dal basso elettrico.

Questa combinazione guida la parte principale del brano, conferendogli volutamente un’atmosfera carica di fosca inquietudine e di arcana tensione.

A sostegno di questo reiterato riff chitarristico, ottenuto con note basse, solenni e cupe, sono inseriti due elementi sonori.

Il primo è rappresentato da un’altra linea di chitarra elettrica sviluppata da Krieger in sinergia con quella principale e ad essa simile. Essa interviene soprattutto nella parte finale di “L’America”, con lo scopo di rendere ancora più pervasivo e ampio il suono dei due strumenti sommati.

Il secondo elemento è dato dall’organo elettrico di Ray Manzarek (che è qui un Gibson G-101). Il suo suono è notevolmente distorto, così da tratteggiare un ambiente misterioso e onirico che ondeggia elusivo sotto al riff di chitarra appena descritto.

Strofa e ritornello (in quest’ultimo Morrison ripete insistentemente il solo titolo della canzone) si alternano in questo contesto sonoro alquanto originale, interrotti però da una variopinta sezione centrale (ascoltabile dal min. 2.08 al min. 3.30).

Essa occupa un terzo della composizione ed è costituita da tre fasi.

Prima fase (dal min. 2.08 al min. 2.29): un balzo inaspettato in un rock-blues reso trascinante dalla voce di Morrison e condotto musicalmente dall’organo elettrico, in questa parte non più distorto, di Manzarek.

Seconda fase (dal min. 2.30 al min. 2.53): il ritorno alle atmosfere inquietanti che dominano il pezzo attraverso un assolo condiviso tra organo elettrico e chitarra elettrica mentre in sottofondo torna il plumbeo riff principale.

Terza fase (dal min. 2.54 al min. 3.30): un disinvolto motivo cantato da Morrison, il quale è repentinamente spento da alcuni versi desolati ed enigmatici, preparatori al ritorno del tetro tema chitarristico principale e della strofa-ritornello finali.

I passaggi musicali che si alternano durante la canzone delineano, insieme al testo abbinato ad ognuno di essi, una estrema sintesi l’epopea latino americana.

Dall’arrivo degli europei, pronti ad ingannare i nativi per ottenerne l’oro, fino ai cambiamenti che porteranno alla definizione di una nuova identità comune tra abitanti originari e colonizzatori.

Oltre ad altre interpretazioni possibili del testo scritto da Jim Morrison, esiste un altro punto da chiarire riguardo questo pezzo dei Doors.

La versione che possiamo sentire in “L.A. Woman” è infatti quasi sicuramente quella preparata per il film “Zabriskie Point” nella seconda metà del 1969.

Ciò esclude che il bassista sia Jerry Scheff (sessionman al basso elettrico in L.A. Woman”) e fa pensare ad altre due soluzioni.

La prima è quella che chiama in causa Ray Neopolitan o Lonnie Mack, i due bassisti in studio per le session di “Morrison Hotel” (il momento in cui è stata registrata “L’America”).

Tuttavia, la solo saltuaria presenza di L. Mack in studio di registrazione e lo stile sensibilmente differente di R. Neopolitan, tendono a smentire questa tesi.

La seconda soluzione vede invece al basso lo stesso Krieger, il quale altre volte in passato aveva suonato questo strumento in studio di registrazione per i Doors oltre alla chitarra elettrica.

La linea di basso che, come accennato all’inizio dell’articolo, ricalca quella della chitarra elettrica, rende maggiormente probabile che fosse Krieger a suonare il basso in “L’America”.

Tra accenni storico-sociali e un arrangiamento dai colori prevalentemente scuri, la canzone che abbiamo passato in rassegna è da annoverare tra le creazioni meno accessibili dei Doors.

Ciò è dovuto anche alla destinazione originaria per la quale questo brano è stato scritto: la colonna sonora di un film impegnato che parla del movimento di protesta sociale emergente negli anni ’60 e ’70 negli USA.

Inoltre, la vena compositiva della band ha trovato in questo ambito cinematografico di nicchia una occasione propizia per sperimentare con ingredienti sonori arditi e meno conformi ai gusti del vasto pubblico.


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