J. DENSMORE, BATTERISTA DEI DOORS: L’USO DEL “LATIN BEAT”

 

John Densmore e la sua batteria hanno partecipato alla creazione del suono superbamente originale e suggestivo che ha contraddistinto i Doors.

Uno degli elementi percussivi più peculiari da lui portati all’interno della musica che il gruppo ha prodotto nel corso dei primi anni di vita è sicuramente il “latin beat”.

Con questo termine intendiamo qui la trasposizione nel genere rock di alcuni accenti denotati dalla batteria o dalle percussioni nella musica latino-americana.

Questa particolarità strumentale, evidenziata soprattutto nei pezzi registrati per i primi due LP dei Doors (quindi dall’agosto 1966 all’agosto 1967), si è integrata in modo fluente nella musica della band, senza modificarne l’impostazione principale basata sul Rock.

Un complemento ritmico esotico, ma discreto il quale ha consentito alla band californiana di sfumare i propri brani con cadenze insolite, distinguendosi ulteriormente dagli altri artisti del periodo.

Vediamo il ruolo ricoperto e l’effetto prodotto da questo espediente “latineggiante” giocato sulla batteria in ciascuna delle composizioni dei Doors nelle quali esso viene utilizzato da Densmore.

 

“Break On Through (To The Other Side)” (tratta da “The Doors”, registrata nel 1966)

La strofa di questo caposaldo del rock è condotta da un ritmo apertamente bossa nova, vale a dire una fusione tra il Cool Jazz e la samba (musica tradizionale brasiliana) nata negli anni ’50 del ‘900.

Possiamo notare questa particolarità, ad esempio, dal min. 0.00 al min. 0.15, ma essa si ripete in tutte le strofe.

A determinare questo andamento recuperato dalla bossa nova è, in particolare, la bacchetta di Densmore sul bordo del tamburo rullante della batteria.

 

“The Crystal Ship” (tratta da “The Doors”, registrata nel1966)

Qui sono i ritornelli ad essere caratterizzati da una tipologia di stile latineggiante della batteria molto simile al “Cha Cha Cha”.

Densmore ne declina una versione meno dinamica e più rallentata della norma, in accordo con la velocità molto moderata di “The Crystal Ship”.

A fare emergere la natura della parte di batteria che abbiamo appena sottolineato è l’uso del tom tom (un tamburo della batteria dal suono grave ed elastico) alternato al bordo del tamburo rullante.

Possiamo sentirne un esempio dal min. 0.15 al min. 0.38, tenendo conto che si applica a tutti i ritornelli del brano.

Il “Cha Cha Cha” pigramente voluttuoso tratteggiato dal batterista nei ritornelli di “The Crystal Ship” continua immutato anche durante l’assolo di pianoforte di Ray Manzarek (dal min. 1.10 al min. 1.29).

Densmore contribuisce così a definire il fascino psichedelico della canzone, una delle prime composizioni registrate dai Doors a rivelare questa attitudine.

 

“Light My Fire” (tratta da “The Doors”, registrata nel1966)

Nel caso di questo celebre brano, il batterista dei Doors torna alla bossa nova per accompagnarne le strofe (ad esempio dal min. 0.10 al min. 0.23 oppure dal min. 0.39 al min. 0.52).

Il ritmo sincopato battuto dalla bacchetta sul bordo del tamburo rullante rimane, come in “Break On Through”, l’elemento principale che dà vita a questo tipo di “latin beat”.

L’effetto apportato da questo accorgimento percussivo crea un senso di attesa e suspence in vista del ritornello.

Per di più, il ritmo bossa nova delle strofe di “Light My Fire” distingue nettamente queste ultime dai ritornelli (nei quali la batteria passa al rock) con un risultato sorprendentemente efficace.

 

“I Looked At You” (tratta da “The Doors” – registrata nel 1966)

Le strofe di “I Looked At You” poggiano su di un ritmo latino-americano, molto affine al mambo.

L’introduzione iniziale e la prima strofa rappresentano il segmento del pezzo nel quale è possibile sentire più nitidamente il vivace percorso intrapreso da Densmore (dal min. 0.03 al min. 0.23).

Dunque, prima di tuffarsi nello stile rock per il ritornello, il batterista decora la strofa con questo andamento coinvolgente che corre tra il già citato tamburo detto tom tom e il bordo del tamburo rullante colpito dalla bacchetta.

 

“Moonlight Drive” (tratta da “Strange Days” – registrata nel 1967)

Ad essere utilizzato qui è il ritmo inconfondibile e sensuale del tango, per il quale Densmore usa il tamburo rullante della batteria.

Lo troviamo all’inizio della composizione, dal min. 0.09 al min. 0.34 (la prima strofa) e ancora dal min. 0.44 al min. 0.54 (il primo ritornello).

Il senso di attesa e di mistero sprigionati dal tango accennato da Densmore all’inizio di “Moonlight Drive” sono estremamente suggestivi nell’adattare l’atmosfera sonora al significato del testo.

Le strofe e ritornelli seguenti abbandoneranno questo ritmo per sottolineare i diversi sviluppi del viaggio (interiore) al chiaro di luna raccontato da questa canzone-capolavoro.

 

“My Eyes Have Seen You” (tratta da “Strange Days” – registrata nel 1967)

Nelle strofe di questo bellissimo rock troviamo la stessa ispirazione percussiva e la medesima tecnica esecutiva già citata sopra per i ritornelli di “The Crystal Ship”, ma leggermente velocizzata nel ritmo (dal min. 0.08 al min. 0.21 e dal min. 1.10 al min. 1.24).

In questi passaggi le strofe preparano l’entrata del vorticoso ritornello con il loro andamento al contempo tenue e sinuoso.

 

 “I Can’t See Your Face In My Mind” (tratte da “Strange Days” – registrata nel 1967)

Torna la bossa nova nei ritornelli di questa composizione psichedelica e affascinante (ad esempio dal min. 0.30 al min. 0.48).

L’alternarsi mesto e languido tra tom tom e il bordo del tamburo rullante rimangono una costante anche nell’interpretazione del ritmo jazz brasiliano che il batterista dei Doors mette in mostra in “I Can’t See Your Face In My Mind”.

 

“When The Music’s Over” (tratta da “Strange Days” – registrata nel 1967)

Troviamo la cadenza latineggiante derivata dal “cha cha cha” e dal mambo, osservata precedentemente in “The Crystal Ship” e “I Looked At You”, lungo ampi tratti di questa splendida suite (ad esempio dal min. 0.56 al min. 1.24 oppure dal min. 1.48 al min. 2.07).

Un sottofondo perfetto per lo svolgersi di un pezzo i cui movimenti sono avvolti dall’arcana sensazione generata dalle parole di Jim Morrison.


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