“THE CHANGELING” DEI DOORS: DA BLUES LENTO A ROCK FUNK
Molto amata dai
fan dei Doors, “The Changeling” rappresenta una piacevole anomalia nel
catalogo del gruppo californiano.
Registrata, come
il resto dell’LP “L.A. Woman”, alla fine del 1970, essa apre in maniera
brillante e arditamente risoluta l’ultimo disco della band con Morrison in vita
e verrà poi pubblicata come dinamico lato B del cupo e fascinoso singolo
“Riders On The Storm” nel giugno ’71.
La canzone viene
costruita come eclettico e inusuale adattamento musicale di una poesia di Jim
Morrison risalente a qualche anno prima, ma nelle intenzioni del cantante nasce
invece come un blues dalla struttura classica (strofa - strofa - ritornello).
Lo possiamo
constatare ascoltando una delle tracce provate all’indomani del concerto
all’Aquarius Theatre di Los Angeles tenuto il 21 luglio 1969. Infatti, il
giorno dopo le due belle esibizioni all’Aquarius (prima e seconda serata), il
gruppo sfrutta gli spazi del teatro per una jam session libera e informale.
Tra le altre fasi
delle prove effettuate in questo contesto, sono suonati languidamente diversi
blues nei quali Morrison canta versi e sequenze di parole che gli
sopraggiungono alla mente, provenienti da brani o poesie non ancora presi in
considerazione per un vero e proprio arrangiamento.
Nella seconda
parte delle registrazioni sentiamo la voce inconfondibile di Morrison chiedere
scherzosamente a sé stesso “Jim stai per cantare?” per poi rispondere “Non
lo so, lascia che glielo chieda”. Egli scuote le maracas senza una
intenzione precisa mentre la chitarra di Krieger traccia qualche vago accordo
in sottofondo.
L’atmosfera
estremamente distesa e rilassata così creata accoglie le due strofe, il bridge
e il ritornello di quella che poi, un anno e cinque mesi dopo verrà incisa come
“The Changeling” (qui il link alla sezione della jam session del 22
luglio ‘69, ascolto dal min. 0.08 al min. 0.56).
In questa prima
versione dell’estate ’69, l’accompagnamento chitarristico eseguito da Krieger,
appena accennato e incerto sulla direzione da prendere, suggerisce che i due musicisti
stessero in quel momento sviluppando alcune idee blues generate da Morrison, ma
ancora limitate ad una fase embrionale.
Ciò è confermato
anche dal seguito della registrazione, dove viene subito dopo intonata “Cars
Hiss By My Window”, un altro blues di Morrison anch’esso destinato a finire
sull’album “L.A. Woman”.
Non si hanno più
tracce concrete di “The Changeling” fino alle session del dicembre 1970, quando
il pezzo viene provato diverse volte in una veste completamente diversa: quella
che poi comparirà sull’atto finale a 33 giri dei Doors nella loro formazione
originale.
In studio, tanto
l’arrangiamento quanto la natura stessa della canzone cambiano del tutto,
presentando all’ascoltatore un rock significativamente influenzato dal funk.
Il 1970 vede
quest’ultimo genere acquisire notevole celebrità tra il pubblico americano e
non sorprende che vari pezzi fossero conosciuti dai Doors. A guidare il
movimento funk (fin dalla sua creazione nel 1964) troviamo James Brown, il
quale, esattamente lo stesso mese nel quale iniziano le sedute registrazione di
“L.A. Woman”, pubblica il notevole singolo “Get Up, Get Into It, Get Involved (Part 1 And
2)” (qui il link).
La canzone appena
citata non presenta connessioni dirette con “The Changeling”, ma ci mostra quale
era l’ambito musicale dal quale il gruppo trae ispirazione per darle forma.
La struttura di "The Changeling" viene arricchita, rispetto al quieto blues del ’69, con
l’aggiunta di un middle eight energicamente rock, dal profilo tagliente e
volitivo (ascolto, ad esempio, dal min. 1.36 al min. 2.00).
È il
funk ad ispirarne parzialmente l’andamento, con i suoi tre stop posti in
corrispondenza di altrettante brevi e aggressive frasi cantate. L’acuto e breve
urlo di Morrison è il combattivo coronamento di questa sezione intermedia, la
quale completa egregiamente la composizione continuando nell’incalzante stile
rock funk sopra descritto.
Oltre al middle
eight, gli elementi che più chiaramente richiamano il funk in “The Changeling”
sono tre.
Il più evidente è
il riff enunciato con costanza dall’organo Hammond di Manzarek e, in parte, dal
basso del sessionman Jerry Scheff nelle strofe (ascolto, ad esempio, dal min. 0.01
al min. 1.12, oppure, dal min. 2.09 al min. 2.40).
Il secondo è dato
dalla distorsione “wah wah” che la chitarra di Krieger esibisce nella sequenza
bridge - ritornello - middle eight (ascolto, ad esempio, dal min. 1.13 al min. 2.08.).
Questo pedale della chitarra era usato dai chitarristi funk di fine anni
’60 / inizio anni ‘70 e in questo caso svolge un ruolo ritmico, inserendosi con
le sue onde fugaci, elastiche e pungenti come contraltare alla densa fluidità
dell’organo Hammond.
Il terzo elemento
sonoro che ricorda il genere funk in questo brano dei Doors è costituito dai bruschi
cambiamenti di ritmo tra le varie sezioni, che il funk utilizza abbondantemente
per accrescere l’impatto dei diversi passaggi sull’ascoltatore. In particolare,
possiamo riconoscere la presenza di questi stacchi, sottolineati dalla batteria
di Densmore, tra strofa e bridge (ascolto, ad esempio, al min. 1.12) e tra ritornello
e middle right (ascolto, ad esempio, al min. 1.36).
L’inclinazione
funk originata dai fattori che abbiamo elencato è comunque filtrata dalla
sensibilità rock che contraddistingueva la band, inserendo una nuova sfumatura,
piacevolmente dinamica e creativa, alla discografia del quartetto.
L’anima rock del pezzo emerge con determinazione nel ritornello (ascolto, ad esempio, dal min. 1.19 al min. 1.35), lungo il quale Morrison afferma con vemenza il verso cruciale: “I’m a changeling, see me change!”. Esso vibra intensamente, trasportato dall'ostinato tamburo rullante di Densmore e dal vorticoso organo Hammond, i quali orientano il suono complessivo di questo segmento verso un penetrante e sostenuto tema ritmico-melodico.
A diversificare
l’atmosfera generale è l’assolo di Krieger (ascolto dal min. 2.50 al min. 3.22),
la cui chitarra elettrica descrive (per mezzo di sovraincisioni) tre linee allungate,
sinuose e sostenute da diversi tipi di distorsioni (tra le quali si indovina l’uso
del pedale fuzz).
Esse si alternano
nel disegnare curve e parabole vivaci ed astratte, con un esito finale di
stampo sostanzialmente psichedelico che apre una parentesi contrastante con il
resto della traccia.
La coda del brano
(ascolto dal min. 3.45 al termine della canzone) vede il ritmo accelerare,
accompagnato dalla linea vocale fattasi più incalzante. A stonare leggermente sono i battiti di
mani: un elemento sonoro quasi scomparso dalla scena inglese e americana dal
1965 in poi e qui riportato in vita senza grande successo.
La performance
vocale di Morrison è senza dubbio di alto livello, classificandosi come la
migliore in "L.A. Woman" (a pari merito con quella della title track).
Una vocalità profonda, ruvida ed espressivamente audace, la quale si adatta perfettamente agli improvvisi mutamenti di andatura frequentemente impressi alla linea del canto. Egli si esprime egregiamente in un contesto musicale per lui inedito, con un timbro scuro, grave e dotato di una nota aspra di sottofondo, capace di rendere manifesta la trasformazione personale vissuta dal cantante e suggerita dal titolo del brano.
Il testo del
poeta e cantante dei Doors racconta in maniera semplice e incisiva il suo percorso
di cambiamento avvenuto nel corso degli ultimi tre anni circa. Usando i luoghi nei
quali ha vissuto a Los Angeles e le variabili condizioni economiche
sperimentate, egli intende simboleggiare la perpetua mutevolezza della natura
umana nonché l’imprevedibilità degli avvenimenti che la condizionano.
Inoltre, il radicale
e rapido cambio nell’immagine esteriore e nell’attitudine interiore di Morrison,
accaduto nell’arco di pochi anni dal 1967 al ’70, è stato spesso associato al
testo di questa composizione.
Una versione
alternativa di “The Changeling” è inclusa nell’edizione speciale di “L.A.
Woman”, diffusa in occasione del quarantesimo anniversario del disco (qui il link al brano nella versione alternativa).
Meno rifinita ed
efficace della traccia ufficiale e con una linea vocale meno convincente, essa
è comunque apprezzabile e interessante, facendoci tra l’altro sapere che la canzone in
questione piaceva molto a Morrison. Prima di iniziare a suonare, egli chiede
agli altri membri della formazione di suonare con grande impegno, essendo
questo “Il mio pezzo preferito” (all’interno dell’album).
“The Changeling”
esce coraggiosamente e baldanzosamente dal perimetro che fino a quel momento
era stato tracciato dalla musica dei Doors. Unico caso in cui la band
sperimenta con influenze funk applicate al rock, la composizione risulta
complessivamente molto originale e di ottimo gusto, trascinante nello
svolgimento e interessante nelle parole cantate da Morrison (tra le più
autobiografiche del suo repertorio).
Nonostante non
sia questo il terreno dove la band riesce a comunicare al meglio il suo messaggio
artistico, il brano suggerisce all’ascoltatore nuove possibili rotte sonore che
i Doors perseguono, in questo caso, con una particolare attenzione alla
contemporaneità musicale del 1970.
Anche se al termine della propria carriera, Il gruppo californiano dimostra così di sapere percorrere, con vibrante vitalità e persuasiva incisività, le strade dell’innovazione e della contaminazione con generi diversi dal suo background artistico.
P.S.: Il mio libro “The Doors Attraverso Strange Days” è uscito ed è disponibile su tutte le principali piattaforme. Il più completo viaggio mai fatto attraverso il secondo LP dei Doors. Di seguito qualche link:
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